Si definisce “rifiuto”, per
la legislazione italiana ed europea , qualsiasi sostanza od oggetto di
cui il detentore si disfi, o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi
(compreso nelle categorie riportate nell'Allegato A alla Parte Quarta del
D.Lgs. 152/06). Comunemente chiamiamo rifiuti i materiali e gli oggetti che
nella vita di tutti i giorni eliminiamo come ad esempio i rifiuti domestici, i vecchi giornali, gli imballaggi degli
oggetti che acquistiamo, la plastica, le bottiglie e tutti i contenitori “usa e
getta” degli alimenti, i rifiuti vegetali
del giardino e delle piante o gli scarti di cucina. Ma i rifiuti vengono
prodotti in tutti i luoghi di vita e di lavoro, nelle attività industriali,
commerciali, edili, sanitarie, artigianali, e specificatamente classificati dal
D.Lgs. 152/06 secondo l’origine in rifiuti urbani e speciali, e secondo le
caratteristiche peculiari in rifiuti pericolosi o non pericolosi. Lo stesso
decreto disciplina la raccolta differenziata dei rifiuti, delegandone la gestione
della separazione delle categorie merceologiche omogenee ai comuni o altri enti
preposti, al fine di riciclare i materiali prodotti e garantire il corretto
trattamento delle frazioni non recuperabili destinate ai termovalorizzatori o
in discarica.
Tuttavia, spesso si verifica l’abbandono intenzionale nell’ambiente di rifiuti dovuto all’incuria e alla maleducazione del singolo (la lattina o i mozziconi di sigarette gettati a terra), oppure a veri atti criminali quando ad essere abbandonati nell’ambiente sono prodotti altamente tossici provenienti dalle attività industriali.
Tuttavia, spesso si verifica l’abbandono intenzionale nell’ambiente di rifiuti dovuto all’incuria e alla maleducazione del singolo (la lattina o i mozziconi di sigarette gettati a terra), oppure a veri atti criminali quando ad essere abbandonati nell’ambiente sono prodotti altamente tossici provenienti dalle attività industriali.
L’impatto ambientale provocato dai rifiuti può interessare
il suolo, l’acqua e l’aria e le inevitabili conseguenze della pratica dell’abbandono
dei rifiuti sono il gas e la produzione di percolato derivante da processi
biologici e fisico-chimici: nel caso dei rifiuti biodegradabili, il percolato
risultante inquina il suolo e le falde acquifere, diminuisce il potenziale di
ossido-riduzione aumentando la mobilità dei metalli tossici, mentre le emissioni di gas comprendono
prodotti pericolosi come il toluene e il cloruro di metilene, o altamente
infiammabili come il metano. I rifiuti solidi come le materie plastiche hanno
lunghissimi tempi di decomposizione ma in caso di incendi o piccole esplosioni,
rilasciano immediatamente nell’aria i famigerati POPs (Inquinanti organici
persistenti), tra cui le diossine e l’esaclorobenzene; i POPs, a causa della
loro elevata lipoaffinità, generano bioaccumulo negli organismi e ne sono stati
rilevati residui in pesci, animali selvatici, e nei tessuti, nel latte e
nel sangue umani, oltre che in campioni alimentari.
Talvolta si riscontrano nelle discariche a cielo aperto,
rifiuti pericolosi come i medicinali scaduti, le pile e le batterie scariche, i
contenitori di sostanze tossiche o infiammabili, gli oli minerali esausti. Giova
precisare che un solo grammo di mercurio (contenuto nelle pile e nei
termometri) è sufficiente per inquinare mille litri d’acqua, mentre lo zinco
contenuto in una sola pila può rendere non potabili addirittura 30.000 litri
d’acqua.
Praticare correttamente la raccolta differenziata non
significa solo adempiere ad un dovere civico ma dimostra che la salvaguardia
dell’ecosistema porta benefici sanitari a noi stessi, oltre ad incentivare importanti fattori socio-economici come la
riduzione di consumo delle materie prime e dell’energia usata per produrle, riduzione
dei costi di produzione, aumento di posti di lavoro nel settore, e non ultimo
la tutela paesaggistica.
Lino Mariani
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